Secondo quanto affermano le più recenti statistiche previsionali, tra circa 15 anni il mercato italiano delle quattro ruote potrà disporre di 15 milioni di auto diverless. Che si tratti di una previsione più o meno ottimistica, sarà il futuro a garantirlo. Quel che è certo è invece che fin d’oggi le assicurazioni si stanno preparano all’avvenimento tra dubbi e richieste di norme più chiare.
In tal proposito, sbaglia chi tende a considerare tale fenomeno come una velleità futura: per potersi preparare correttamente a quanto avverrà, bisogna infatti muoversi oggi. Soprattutto, si dirà, in un contesto dove le accelerazioni non mancano: l’accordo tra Fca e Google per la sperimentazione dei nuovi modelli è un chiaro esempio di come il mercato e gli operatori abbiano rotto gli indugi, andando ad arricchire un comparto già occupato da produttori di automobili, grandi colossi della tecnologia, e così via.
Ma cosa accadrà alle compagnie assicurative? Ad anticiparlo è, sul quotidiano La Stampa, Paolo Ceresi, esperto di Mbs Consulting, la principale società italiana di consulenza per il settore assicurativo: “tra quindici anni avremo 20 milioni di auto tradizionali e 15 milioni di self driving cars” – afferma l’eserto, per poi ricordare come il mercato sarà per forza di cose un ibrido. In altre parole, Ceresi sostiene che le assicurazioni dovranno affrontare nuove vie, e che oggi “sono consapevoli che il modello di rischio cambierà completamente (…) Oggi assicurano una persona, in futuro dovranno assicurare il software, i sensori o i produttori della macchina la filiera e il modello di rischio cambierà in modo cruciale”.
Prima di un nuovo modello dovranno tuttavia giungere nuove regole. Ed è proprio qui che potrebbero sorgere problemi: “Quanto velocemente si saprà muovere il legislatore? Pensa a Uber, non hanno ancora capito come comportarsi” – annota Ceresi. E come dargli torto?