Il “dieselgate” ha scosso i vertici e la base di Volkswagen. La quale, ora, si domanda in che modo poter risolvere la sua crisi di credibilità, e cercare di ripartire attutendo i colpi (sanzionatori, e non solo) che seguiranno. ha messo a
Quanto è noto è che il piano d’azione globale posto in essere dal top management di VW prevede anzitutto la necessità di informare a breve i clienti delle modalità per riparare i veicoli, con presentazione immediata delle soluzioni tecniche al problema, affinchè siano approvate dalle autorità competenti. Successivamente, l’azienda ha anticipato la volontà di procedere con la riparazione delle auto coinvolte.
Tuttavia, il cambiamento più importante e radicale non può che essere dirigenziale e a livello di approccio comportamentale. “Niente può giustificare l’inganno e la manipolazione” – ha dichiarato il nuovo AD Mueller in un discorso alla dirigenza – “L’oltraggiosa condotta in Volkswagen venuta alla luce nei giorni scorsi mi fa male e mi infastidisce immensamente”. Di qui, luce al nuovo obiettivo, che è quello di “riconquistare la fiducia persa. Ciò richiede un chiarimento senza compromessi e un miglioramento delle strutture di governance e compliance”, ha poi aggiunto il top manager, precisando dinanzi ai dirigenti “la lunga strada e il molto lavoro da fare”.
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Ricordiamo in tal proposito che Volkswagen ha esplicitamente ammesso di avere installato un software per aggirare i test sulle emissioni in oltre 11 milioni di veicoli, di cui 5 milioni del brand omonimo 2,1 milioni della marca premium Audi, 1,8 milioni di commerciali leggeri, 1,2 milioni della ceca Skoda e altri 1,2 milioni della spagnola Seat. “Fortunatamente” – il virgolettato è d’obbligo – “il software non è stato attivato in tutti i veicoli, e la casa prevede quindi che saranno molte meno le vetture interessate dallo scandalo.
Nell’ultima riunione con la dirigenza Mueller ha ringraziato il suo predecessore Martin Winterkorn, che ha rassegnato le dimissioni dopo otto anni di guida della casa tedesca, precisando che l’ex AD ha dichiarato di non essere mai stato a conoscenza delle irregolarità riscontrate dalle autorità Usa.