Continua ad allargarsi lo scandalo dieselgate, partito dai motori Volkswagen e ora in grado di interessare anche altre case automobilistiche. In particolare, negli ultimi giorni il destino poco invidiabile sembra essere toccato a Mitsubishi Motors, con la casa automobilistica giapponese che ha ammesso colpe ancor più gravi di quanto emerso la scorsa settimana, quando aveva rivelato di aver scoperto durante il processo di certificazione di alcune minicar di aver condotto «prove in modo inappropriato» per presentare al ministero dei trasporti del Giappone dati migliori sui consumi di carburante.
In particolare, dalle analisi sarebbero emerse significative differenze tra i parametri normativi e le metodologie interne di test di quattro modelli di mini–car, segmento molto popolare fino a poco tempo fa in Giappone e relativo a vetture con cilindrata pari o inferiore ai 660 centilitri cubici.
In maniera ancora più dettagliata, la manipolazione è stata riscontrata sulle eK Wagon ed eK Space prodotte da Mitsubishi Motors e sulle Dayz e Dayz Roox prodotte per conto di Nissan dal giugno del 2013. Fino al 31 marzo 2016 sono state prodotte 157 mila eK Wagon ed eK Space e fornite alla casa di Yokohama 468 mila Dayz e Dayz Roox. Mitsubishi Motors ha condotto i test sui consumi di carburante in quanto responsabile della produzione dei modelli e della loro certificazione. Nel contempo, Nissan, nel quadro del processo di sviluppo della nuova generazione delle mini-car, ha esaminato i dati riscontrando alcune divergenze e quindi ha richiesto alla società connazionale di riesaminare alcuni valori, in particolare sulla resistenza al rotolamento e all’aria.
Di qui, Mitsubishi ha dovuto avviare un’indagine interna da cui è emersa una «condotta inappropriata» nell’utilizzo dei valori della resistenza che ha portato a ottenere dei vantaggi in termini di consumi. Le precisazioni arrivate in un secondo momento hanno fatto purtroppo emergere una pratica di lunga data all’interno della casa nipponica, forse addirittura sin dal 1991.