Il governo ha fatto del tagli del numero delle auto blu una propria bandiera di forma e di sostanza. Ma è davvero servito? Cosa è realmente accaduto nel comparto delle auto blu, simboli di privilegio e di “casta”, additate come un benefit da eliminare o – quanto meno – limitare in modo sostanzioso?
Fortunatamente, da qualche giorno a questa parte possiamo cercare di fornire una risposta puntuale attraverso le osservazioni compiute dalla Corte dei Conti, secondo cui la stretta sulle auto blu nelle pubbliche amministrazioni avrebbe realmente centrato gli obiettivi di riduzione e di contenimento della spesa, salvo alcune ipotesi.
La Corte dei Conti ha infatti definito il taglio delle auto di servizio dei politici e dei dirigenti come un capitolo importante nell’applicazione dei programmi di spending review che sono stati gradualmente varati dagli esecutivi che nel corso degli anni si sono succeduti, per arrivare a quello di Matteo Renzi.
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Numericamente, ricorda ancora la Corte, le auto blu sono calate di circa un quinto rispetto a quanto non fosse il dato del 2009, grazie alla progressiva diminuzione del parco auto, dalla scelta delle amministrazioni centrali della formula del noleggio e del noleggio senza conducente (che permette quindi di beneficiare di una flotta qualitativamente più accettabile), della riduzione delle spese di gestione, della riduzione dei premi assicurativi.
Tra gli esempi citati come elementi di maggiore virtuosismo spicca quello del Ministero del Lavoro, che già nel 2011 avrebbe ridotto la spesa per le auto blu del 54,49% rispetto a quanto non fosse la spesa che era stata rilevata cinque anni fa.
Naturalmente, la Corte dei Conti invita a non bassare la guardia, ricordando come sia ancora troppo elevato il costo del personale che è addetto a queste mansioni, e come sarebbe opportuno ricorrere – in alternativa – alla fruizione dei mezzi di trasporto pubblici, dei taxi o delle autovetture in noleggio con conducente.