Nemmeno le auto sembrano essere immuni dal pericolo di attacchi hacker. Soprattutto ora che i nostri mezzi a motore su quattro ruote hanno virato rapidamente verso un approccio smart che li fa integrare con altri dispositivi tecnologici, e li rende (apparentemente?) più intelligenti.
Certo, siamo ancora lontani dallo scenario ipotizzato dal Corriere della Sera per il prossimo futuro (“immaginiamo di essere alla guida, in autostrada e ad alta velocità, e improvvisamente la vettura sterza contro il nostro volere. Il volante è saldo nelle nostre mani, ben dritto, ma l’auto gira lo stesso. Poi continua ad accelerare nonostante il piede stia schiacciando il freno”), ma non è certo utopistico pensare che le auto possano presto diventare una delle prede preferite dagli hacker.
La dimostrazione di quanto sopra, proseguiva poi il quotidiano, è d’altronde già nota dal 2013, quando due esperti di sicurezza informatica, Chris Valasek e Charlie Miller, sono riusciti nel tentativo di “hackerare” per la prima volta una vettura. All’epoca ad essere protagonista dei tentativi di hackeraggio fu una Prius, della Toyota, collegando il proprio portale alla porta per la diagnostica della vettura: una volta all’interno del sistema, hanno potuto condurre il veicolo come preferivano.
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Per quanto attiene gli scenari evolutivi futuri, il tutto potrebbe anche essere visto in maniera peggiorativa, valutato che le auto oggi possono ben collegarsi senza fili alla chiave elettronica o allo smartphone per aprire le portiere, accendere le luci, attivare l’allarme, e così via. Pertanto, non serve più essere vicini fisicamente alla macchina per poterla rendere un proprio strumento di comando.
E di fatti, l’anno successivo all’esperimento di Valasek e Miller, in Cina alcuni studenti dell’università di Zhejiang hanno aperto le portiere, acceso i fari e suonato il clacson di una Tesla Model S. Il tutto, senza avvicinarsi alla vettura.
Non si pensi, infine, che si tratti di casi potenzialmente isolati. Negli ultimi giorni la Adac, (l’equivalente dell’Aci italiana), ha trovato una falla nel Connected Drive di Bmw che permetteva ai malintenzionati di aprire le porte di oltre due milioni di vetture utilizzando un semplice smartphone.