Con la sentenza n. 235/14 la Corte Costituzionale ha “salvato” il criterio di liquidazione delle lesioni micropermanenti, affermando l’infondatezza delle questioni di legittimità sollevate con quattro diverse ordinanze, e sollevando da cattivi pensieri tutte quelle compagnie di assicurazione che indicavano il danno alla persona come la principale causa del caro Rc-auto.
Sulle scrivanie della Corte è in particolare giunto l’art. 139 del d.lgs. 209/205 (ovvero, il Codice delle Assicurazioni private), che secondo i collegi che hanno rimesso la questione alla Suprema Corte, si poteva porre in contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (e in modo più specifico con l’art. 6 sul diritto a un processo equo), con dubbi di incostituzionalità di diversa natura.
In altri termini più pragmatici, il dubbio era legato alla validità di un sistema indennitario evidentemente rigido, ancorato a tabelle predefinite, e con il solo margine concesso ai giudici di poter aumentare l’importo di un quinto. Un sistema che – secondo i collegi remittenti – non garantirebbe una piena riparazione del danno e una sua personalizzazione, considerato che – ad esempio – non viene contemplato il danno morale, dando seguito a un trattamento potenzialmente discriminatorio rispetto a coloro che pur procurandosi lesioni di uguale entità (ma magari in contesti diversi) può aspirare a un risarcimento non prestabilito, bensì tarato sulla persona.
Ebbene, la Consulta ha respinto i dubbi sollevati con le ordinanze, respingendo pertanto le tesi della disparità di trattamento rispetto a soluzioni identiche, o ai dubbi sull’equo processo. Non solo, secondo i giudici la tutela risarcitoria nei confronti di coloro i quali sono coinvolti in incidenti stradali sarebbe addirittura più incisiva rispetto a quella dei danneggiati in seguito a eventi diversi (si pensi alla caduta da cavallo). I primi – sostiene ancora la Corte – possono infatti avvalersi dello scudo della copertura assicurativa imposta per legge al danneggiante, con conseguente garanzia del risarcimento. E, in aggiunta, possono altresì avvalersi della possibilità, in capo al giudice, di aumentare del 20% la cifra liquidabile.
Non solo, conclude la Corte: laddove manca il codice delle assicurazioni interviene comunque la giurisprudenza. Se infatti il danno morale non è presente nel codice (che cita solo il danno biologico) è anche vero che il danno morale è stato ricondotto all’interno del danno biologico dalla stessa Cassazione con la Sentenza 26972 del 2008, che lo fa quindi rientrare come sofferenza fisica o psicologica.