Nuovi guai per Volkswagen. Il ministro dei Trasporti tedesco ha infatti dovuto ammettere che il software incriminato di modificare le prestazioni di inquinamento è stato utilizzato anche sulle vetture commercializzate in Europa. E secondo il quotidiano britannico Guardian, sia la Germania che la Francia che la Gran Bretagna avrebbero effettuato pressioni per poter evitare che i test fossero perfezionati. Non solo: secondo il magazine finirebbero nella graticola anche Bmw e Seat.
Insomma, quanto già ribattezzato come “diesel gate” si sta espandendo non solo geograficamente (con esplicito interesse del Vecchio Continente, oltre che degli Stati Uniti) quanto anche ad altre case automobilistiche, con la prevedibile conseguenza che l’indice europeo del settore auto è crollato di più di 16 punti percentuali.
La goccia che ha fatto traboccare la pazienza degli investitori è stata resa dal ministro dei Trasporti tedesco Alexander Dobrindt, che ha ammesso che il sistema che è stato utilizzato da Volkswagen per poter manipolare a piacimento i risultati sui test delle emissioni di Co2 per le auto che sono state vendute all’interno del mercato americano, sarebbe stato utilizzato anche sui veicoli che sono poi stati commercializzati in Europa.
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Naturalmente, la dichiarazione di cui sopra non costituisce una vera e propria sorpresa, ma è stato comunque un’ulteriore necessità di ribadire le colpevolezze Volkswagen: la casa tedesca ha infatti rivelato che il software è stato impiegato su 11 milioni di unità, e più della metà delle auto nuove vendute in Europa sono diesel. Dunque, a conti fatti, era impossibile che il software avesse geograficamente interessato il solo mercato nordamericano.
A rincarare la dose, nelle ultime ore, l’agenzia di rating Standard & Poor’s, secondo cui alla luce di quanto accaduto non si escludono possibili tagli sul rating della compagnia tedesca. L’agenzia prevede infatti sanzioni e costi sostanziali per poter far fronte al problema dei test truccati, con diversi miliardi di euro di impatto economico…